lunedì 14 dicembre 2009

Somiglianze inquietanti













Uno è biondo, l'altro è canuto.
Ma hanno qualcosa che li accomuna.

mercoledì 4 novembre 2009

La testuggine

Ci sono esperienze nella vita quotidiana dell'automobilista urbano che hanno un contorno epico. Esperienze che creano uno spirito eroico, compattando in modo quasi cameratesco il gruppo che lo ha condiviso. Questi momenti hanno il sapore antico dell'eterna lotta tra bene e male, della ciclica alternanza tra yin e yang. Uno di questi attimi sospesi nel tempo si può vivere in coda al semaforo. Ma non a tutti gli incroci. Solo a quelli dove ci sono due opzioni: proseguire dritto oppure svoltare su un'altra strada. Puntualmente uno dei due incolonnamenti è lungo all'incirca come quello al casello di Melegnano alla sera di Ferragosto, l'altro è composto al massimo da due motorini e un venditore di rose (sì, lo so: non conterebbe, ma fa numero). Ecco, più o meno da quando Henry Ford cominciò a produrre auto, iniziarono a comparire dietro al volante numerose teste di cazzo. Ed è quindi inevitabile che ogni volta ci sia qualcuno che fa il furbo: prende l'incolonnamento più snello e all'ultimo, in prossimità del semaforo, si infila tra auto e auto (che si erano messe in coda quando la testa di minchia era ancora a letto). E' in queste situazioni che si sviluppa la dinamica della testuggine romana (o testudo): una formazione compatta, che non offre il fianco al nemico e fa sentire gli automobilisti che la compongono - che ovviamente non si conoscono tra loro - un po' come gli astronauti di Armageddon al rientro dalla missione. Dannatamente stracazzuti. Il tacito accordo tra gli eroi del bene consiste nel chiudere ogni varco tra i veicoli. Una perfetta sincronia che costringe persino il venditore di rose ad aspettare in mezzo alla carreggiata o a tentare un Fosbury sopra i tettucci. Ranghi serrati che tagliano fuori il genio del male da qualsiasi manovra scorretta. E quando l'oscuro personaggio è costretto a deviare sull'altra strada perché non trova spazio, tra i legionari dell'asfalto si festeggia a colpi di clacson e dito medio alzato fuori dal finestrino. Purtroppo non sempre la manovra riesce: ogni catena ha il suo anello debole. Solitamente in questi casi si tratta dell'anziano col cappello, a cui si spegne la macchina sul più bello. Ma tant'è: anche Massimo Decimo Meridio avrà avuto qualche rincoglionito tra i suoi uomini.

lunedì 25 maggio 2009

Quel vizietto che torna

Già all'inizio non è che, a livello di compagnia, fosse partito benissimo. Insomma, all'epoca, più o meno tutti ci siamo domandati: ma il biondo cosa cazzo ci sta a fare? Ma Max non la pensava così, e se lo portava dietro volentieri. Forse gli sembrava una forma di volontariato. E quindi i video di "Hanno ucciso l'uomo ragno", "Come mai" e "Nord sud ovest est" avevano sullo sfondo una specie di tarantolato muto che si dimenava come se gli avessero infilato uno scorpione nelle mutande. Persino le interviste davano un po' l'impressione di un "Fabio e Mingo" ante litteram: uno spigliato (oddio, più o meno), l'altro dietro a far tappezzeria. Poi Mauro Repetto nel 1993 lascia il duo (per sapere che fine ha fatto, andate qui. Contenta?) e la notizia colpisce i fan con lo stesso interesse di una puntata di "La vita in diretta". Pressappoco nullo. Quindi una carriera da solista fatta di alti e bassi, con canzoni che accompagnano gli adolescenti di tutta Italia, anche se cantate da uno che ha all'incirca il doppio dei loro anni. Ma non importa, ha spianato la strada a Moccia e ai suoi "mocciosi". Non che si possano paragonare il grande Max e lo scrittore "de noantri", sia ben chiaro. E arriviamo al punto. L'altro giorno ero in auto e zappingando tra una stazione e l'altra sento il menestrello di Pavia urlare a squarciagola "Me la vuoi dare?". All'inizio non riuscivo a credere alle mie orecchie: Max non ci sta più dentro e si è ridotto a elemosinare in questa maniera trucida. Alzo il volume e sento in sottofondo degli sconosciuti che cantano, con voce leggermente più bassa rispetto al biondo dei Cugini di campagna. Arrivo al lavoro e immediatamente mi fiondo su Google per cercare di sciogliere l'arcano che rischia di levarmi il sonno. Digito le parole chiave: "Max Pezzali me la vuoi dare" (poi ovviamente ho subito provveduto a cancellare la cronologia dal pc). E tutto è finalmente chiaro. Ma mi sa che a Max è tornato il vizio di frequentare strane compagnie.

lunedì 20 aprile 2009

Drammi umani

Schrott Nach 8.

l'autore ringrazia il dottor Chiaravalli per il suggerimento

giovedì 16 aprile 2009

Toccati, Rita!

Basta gufare. Lasciatela in pace. Il 22 aprile compirà cent'anni, ma già da un mese tutti i giornali parlano di questo traguardo. E io me la immagino, lei, bassina e magrissima, uno scricciolo di donna, fare ogni possibile gesto scaramantico. Con i capelli turchini (saranno mica bianchi!) e quel crocchio arrotolato puntellato da parte, Rita Levi Montalcini ha attraversato tutto il secolo scorso: scienziata, senatrice a vita, accademica dei Lincei, Nobel nel 1986, dà l'impressione di essere la classica nonna che nessuno vorrebbe avere. Vi immaginate che incubo i Natali passati con lei? "Ti ho portato un regalo!". Scarti e trovi l'ennesimo kit del Piccolo Chimico. Già ti ha fatto cacare il primo, figuriamoci il ventesimo. Soprattutto ora che hai vent'anni. E poi - non so con quale diritto - me la immagino algida, glaciale: mai una carezza, mai un bacio affettuoso. Solo un monito perentorio: "Studia, rincoglionito! Se no col cazzo che prendi il Nobel come la nonna". Ma indipendentemente dal (presunto) carattere, Rita Levi Montalcini è un pezzo d'Italia: piccolo nelle dimensioni, grande - a prescindere dalla condivisione del suo pensiero - nei fatti. E forse è proprio per questo che la stampa nazionale ha già dato vita ai festeggiamenti per lo storico traguardo. Me la vedo ogni volta che le casca l'occhio sul titolo "La Montalcini sempre più vicina al secolo. Ormai è fatta". E lei: "Ma stravaff...".