mercoledì 4 novembre 2009

La testuggine

Ci sono esperienze nella vita quotidiana dell'automobilista urbano che hanno un contorno epico. Esperienze che creano uno spirito eroico, compattando in modo quasi cameratesco il gruppo che lo ha condiviso. Questi momenti hanno il sapore antico dell'eterna lotta tra bene e male, della ciclica alternanza tra yin e yang. Uno di questi attimi sospesi nel tempo si può vivere in coda al semaforo. Ma non a tutti gli incroci. Solo a quelli dove ci sono due opzioni: proseguire dritto oppure svoltare su un'altra strada. Puntualmente uno dei due incolonnamenti è lungo all'incirca come quello al casello di Melegnano alla sera di Ferragosto, l'altro è composto al massimo da due motorini e un venditore di rose (sì, lo so: non conterebbe, ma fa numero). Ecco, più o meno da quando Henry Ford cominciò a produrre auto, iniziarono a comparire dietro al volante numerose teste di cazzo. Ed è quindi inevitabile che ogni volta ci sia qualcuno che fa il furbo: prende l'incolonnamento più snello e all'ultimo, in prossimità del semaforo, si infila tra auto e auto (che si erano messe in coda quando la testa di minchia era ancora a letto). E' in queste situazioni che si sviluppa la dinamica della testuggine romana (o testudo): una formazione compatta, che non offre il fianco al nemico e fa sentire gli automobilisti che la compongono - che ovviamente non si conoscono tra loro - un po' come gli astronauti di Armageddon al rientro dalla missione. Dannatamente stracazzuti. Il tacito accordo tra gli eroi del bene consiste nel chiudere ogni varco tra i veicoli. Una perfetta sincronia che costringe persino il venditore di rose ad aspettare in mezzo alla carreggiata o a tentare un Fosbury sopra i tettucci. Ranghi serrati che tagliano fuori il genio del male da qualsiasi manovra scorretta. E quando l'oscuro personaggio è costretto a deviare sull'altra strada perché non trova spazio, tra i legionari dell'asfalto si festeggia a colpi di clacson e dito medio alzato fuori dal finestrino. Purtroppo non sempre la manovra riesce: ogni catena ha il suo anello debole. Solitamente in questi casi si tratta dell'anziano col cappello, a cui si spegne la macchina sul più bello. Ma tant'è: anche Massimo Decimo Meridio avrà avuto qualche rincoglionito tra i suoi uomini.

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