lunedì 17 novembre 2008

Troppo tardi!

"Troppo tardi!". Ho pensato questo mentre il mio sguardo cadeva quasi per caso sull'immagine che vedete qui accanto, sfogliando svogliatamente una rivista. Già, perché questo strumento avrebbe potuto risolvere la mia avversione per gli sci. Ora sarebbe un po' troppo complicato: dovrei trovare una persona alta almeno due metri e mezzo e del peso approssimativo di 250 chili per potermi indirizzare una volta "insaccato" come una salama da sugo all'interno dell'imbrago. E, a prescindere dalle dimensioni del guidatore, non credo sarebbe un bello spettacolo. Ormai, ripeto, è troppo tardi. Il mio odio profondo per le due stecche che scivolano su pendii innevati, senza alcuna possibilità di controllo (mia, per lo meno), risale all'infanzia. A onor del vero, ero anche partito abbastanza bene: Champoluc, inverno 1993, lezioni private con maestro molto paziente e una discreta capacità di indirizzare gli attrezzi, rigorosamente in modalità "spazzaneve". Busto rigido come uno spaventapasseri, braccia larghe come un buttafuori palestrato di Gabicce Mare. Poi il nulla per tre anni. Fino al dramma: San Bernardino, inverno 1996, sciata con amico a cui, memore dei gloriosi fasti valdostani, assicuro di essere pronto a qualsiasi sfumatura di discesa, passando in rassegna un'intera scatola di Caran D'Ache. Dal nero-pece fino al rosa-UandiBimBumBam. Folle. Partiamo da una pista di media difficoltà, ma è tutto inutile: dopo pochi metri, inizio a saltellare su uno sci, poi sull'altro, partono cori di stupore dagli altri sciatori. Ricordo benissimo una signora sulla cinquantina che si fa il segno di croce. Proseguo la mia incontrollabile discesa verso valle: peso avanti, peso indietro, bastoncini smulinati nell'aria manco fossi una majorette. La corsa mi sembra durare un'eternità. Poi l'irreparabile: mi schianto al suolo in una nube di neve, ghiaccio e accessori da sciatore. Intorno a me, il silenzio. Mi sto ancora contando le ossa e i denti, cercando di capire se il bianco intorno a me è neve o nuvole, e se l'uomo con la barba bianca che arriva di corsa è l'addetto agli impianti di risalita o San Pietro, quando uno di piccoli bastardi con caschetto, mascherina e tuta modello extra-ficus, mi si avvicina con fare interrogativo e domanda: "Ma cosa sei? Un kamikaze?". Mi giro di scatto cercando nella neve una racchetta, uno sci o un qualsiasi oggetto contundente, ma lo stronzetto mignon s'è già allontanato su saggio consiglio dei presenti. Negli anni scorsi ho provato altre volte a rimettere gli sci a piedi, ma non c'è nulla da fare. Preferisco sorseggiare un bombardino sulla terrazza del rifugio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma quale easy turn! NON DEMORDERE!!! secondo me puoi farcela..riprova! e poi, chi non è mai caduto?! i maestri di sci svizzeri, da piccola, sono riusciti pure a farmi piangere! Roby