cinema d'essai

Non ce n'è, lo si rivede sempre volentieri. Film culto di una generazione, fonte di ispirazione per le avventure più fallimentari nel percorso pre-adolescenziale di chi ha avuto la fortuna di vederlo entro i 14 anni di età, quando l'unico mezzo per spostarsi era la bici. Sto parlando dei Goonies: film del 1985, uscito in sordina ma elevato a cult-movie generazionale dall'entusiasmo del pubblico.
Gli ingredienti sembrano quelli di un banale film da domenica pomeriggio di pioggia, quando la poltrona ti fagocita e lo scazzo si impossessa del telecomando: un gruppo di amici, la mappa del tesoro, i cattivi "cattivi" ma sfigati, e la gnocca che, al viziato figlio-di-papà, preferisce il ragazzo buono e semplice.
Ma i Goonies sono molto di più: a corollario della storia troviamo le improbabili invenzioni di Data per superare i "dracobetti", lo spagnolo sadomaso di Mouth, la figura goffa del rubicondo e paffutello Chunk, l'asmatico e sfigatino Mikey che diventa l'eroe della vicenda, la mamma della Banda Fratelli (un incrocio tra Gattuso e Bud Spencer, con un accento indefinito tra il siciliano stretto e il barese).
E poi lui: il mito assoluto e incontrastato, il valore aggiunto di una pellicola già brillante, Sloth.. o meglio, Super Sloth, indescrivibile a parole.
Quanti pomeriggi d'estate passati a frugare nella soffitta della nonna, alla ricerca di una cartina o di un qualsiasi altro pezzo di carta che ci permettesse di inforcare le bici e vagare per la provincia, cercando di scoprire impossibili analogie tra quello che vedevamo intorno a noi e i disegni di una vecchia piantina della Valtellina, trovata in fondo a un baule.