Ma io volevo fare la guardia forestale

Quando ci sono giorni in cui -professionalmente parlando- non mi sento troppo entusiasta, riapro il cassetto e tiro fuori quel pensiero, messo da parte tanti anni fa. Ho sempre voluto fare la guardia forestale, fin da quando ero piccolo, fin da quando in famiglia mi hanno fatto scoprire la passione per la natura e il rispetto per la montagna. Poi la scelta di frequentare il liceo classico, l'avversione per fisica e matematica, e il piacere di scrivere e sapere cosa succede in giro. Dopo la maturità, un occhio è caduto sul piano di studi di Scienze Forestali: chimica, analisi, geometria e tutto quanto potesse scoraggiarmi. La scelta è poi finita su Lingue straniere, con indirizzo in Scienze dell'informazione. Nessun rimpianto, anzi: ho imparato tanto, era pieno di ragazze e ho coltivato una passione che spero si stia trasformando in qualcosa di più concreto (lo dico a bassa voce, non si sa mai). Ma capita che ogni tanto, il provare a raccontare quello che succede, mi lasci un po' di amaro in bocca o mi faccia vedere cose di cui preferirei non conoscere l'esistenza. E allora ripenso a come sarebbe stata quella vita e se in questo preciso momento sarei stato in giro per un parco a cavallo, oppure in elicottero a recuperare qualche milanese disperso in montagna. C'è chi mi ha sempre spinto a provare e chi invece mi diceva di lasciar perdere, con frasi del tipo "Tutto il giorno a guardare uccelli? Ma è un lavoro da donna!" oppure "Che bello! Ti pagano per raccogliere la cacca degli stambecchi?". Beata ignoranza. Ora sono contento della mia scelta, ma qualche volta mi piace riaprire quel cassetto, scappare per un po' con la fantasia, e poi rimettere tutto al suo posto.