kebab-addicted

Ormai è scientificamente provato: il kebab crea dipendenza. Non importa in quale versione venga consumato: nel piatto, nella piadina o nel panino, di montone, di vitello o di pollo, con la variante delle patatine fritte oppure "classico".

L'avventore in crisi di astinenza entra in uno di questi negozietti, all'apparenza innocui, e viene accolto da un sorrisetto malizioso del gestore, come a dire "Sei ancora qui, eh? drogato!". Il cliente si guarda intorno nervosamente e si mette al riparo da occhi indiscreti, sudando come un maratoneta a fine gara. Estrae dalla tasca del giubbotto il tallone portaeuro e si fa scivolare sul palmo della mano le monete: 3 euro e 60. Ci sono. E tira un sospiro di sollievo. Appoggia con fare arrogante gli spiccioli sul bancone, e con aria di sfida dice "Un kebab con la piada!".

Il kebabbaro sa che ormai lo ha in pugno, e nei suoi occhietti piccoli e vispi brilla una fiammella di perverso godimento. Ostentando ingenuità, ribatte "Metto tutto? pure la salsina piccante?". Il kebab-dipendente si asciuga la saliva col dorso della mano, sgrana gli occhi, e non riesce a fare altro che un leggero cenno di assenso col capo. Picchietta ripetutamente la punta delle dita sul vetro del bancone, cercando di dissimulare il suo smodato desiderio, ma ottiene esattamente l'effetto contrario. Il kebabbaro taglia lentamente l'enorme cono di carne che arrostisce, la adagia sul pane, e aggiunge insalata, cipolle, salsine, e un pomodoro, anzi due, facciamo tre. "Tiè, drogato!". Per essere sicuro che non cambi pusher, mette pure un timbro sulla tessera fedeltà: dopo dieci, uno in omaggio.

Il kebabbomane consuma avidamente la sua dose, saluta lo spacciatore e butta nei rifiuti la tessera-fedeltà, pensando tra sè e sè "Tanto non ci vengo così spesso! Questa è l'ultima volta!". Illuso. E un ghigno sinistro fa capolino sul viso del kebabbaro.